Le imprese che hanno optato per la rivalutazione dei marchi versando il 3% di imposta sostitutiva sono interessate da quanto stabilito dalla Legge di bilancio 2022 che all’art.1 commi 622-624 della Legge 234/2021, modifica retroattivamente il regime fiscale dell’ammortamento.
La
norma prevede infatti, l’innalzamento dagli ordinari 18 anni a 50 anni come
periodo di ammortamento fiscale minimo per i marchi rivalutati al 3%.
In
considerazione dell’effetto retroattivo della norma alle imprese è concesso
optare tra i seguenti scenari:
- “accettare” l’allungamento del beneficio fiscale sul maggiore valore in un orizzonte temporale di 50 anni: tale opzione originerà, man mano che si iscrivono gli ammortamenti civilistici su un periodo massimo di 20 anni a fronte di una deducibilità fiscale di 50 anni, un disallineamento tra il valore contabile e fiscale. La società pertanto dovrà, in presenza dei presupposti, iscrivere le attività per imposte anticipate sulla quota parte di ammortamenti non deducibili. A tal proposito, si dovrà valutare attentamente la presenza del requisito di “ragionevole certezza” richiesto dall’OIC 25, considerato l’elevato arco temporale previsto per il riassorbimento del riallineamento;
- “disconoscere” la rilevanza fiscale della rivalutazione dei marchi: in tal caso la società iscrive un credito tributario nei confronti dell’Erario da compensare come previsto dalla normativa, con contropartita la riserva di rivalutazione, considerato che tale riserva era stata utilizzata nel 2020 quale contropartita del debito tributario. Successivamente, si deve considerare che il disconoscimento degli effetti fiscali origina un disallineamento tra valore civilistico e valore fiscale del marchio e si dovrà, in presenza dei presupposti, iscrivere la fiscalità differita;
- corrispondere le maggiori imposte, previste dall’art. 1766 co. 2-ter del TUIR, al netto dell’imposta sostitutiva del 3% già corrisposto al fine di mantenere la deducibilità degli ammortamenti in 18 anni, iscrivendo il debito tributario in contropartita alla riduzione della riserva di rivalutazione o, in mancanza, un’altra posta del patrimonio netto.
Infine, un’ultima ipotesi potrebbe essere quella di valutare la possibilità di eliminare del tutto la rivalutazione, anche dal punto di vista civilistico. Si tratta però, di una soluzione che è ancora in attesa di chiarimenti ufficiali.
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