Dopo la ripresa della generalità delle attività economiche a seguito del ”lockdown” occorre fare il punto della situazione in merito agli effetti della chiusura sui contratti in particolare su quelli “di durata” quali la locazione.
Preliminarmente occorre osservare che la pandemia e la chiusura generalizzata hanno comportato un calo e/o l’azzeramento di consumi che si è tramutato in un abbassamento del fatturato, limitando la liquidità disponibile e per l’effetto la regolare esecuzione dei pagamenti (obbligazione pecuniarie). Tuttavia la cosiddetta “impotenza finanziaria”, per quanto sia determinata da cause di forza maggiore quale l’emergenza sanitaria in corso, non giustifica il mancato o tardivo pagato delle somme dovute. Non può esservi impossibilità oggettiva e assoluta di procurarsi il denaro in quanto la prestazione è sempre possibile in considerazione della normale convertibilità in denaro di tutti i beni presenti e futuri. Tanto è confermato dalla Relazione del Ministro Guardasigilli al codice civile: “…non può, agli effetti liberatori, essere presa in considerazione l’impossibilità di adempiere l’obbligazione, originata da cause inerenti alla persona del debitore o alla sua economia, che non siano obbiettivamente collegate alla prestazione dovuta…”.
Non esistono nell’attuale normativa emergenziale disposizioni in merito alla possibilità di sospensione del pagamento del canone locatizio sia nelle locazioni di immobili commerciali sia nelle locazioni abitative.
La legislazione attuale mette a disposizione dei conduttori una serie di rimedi per ottenere lo scioglimento del contratto di locazione in considerazione che l’evento pandemico ha rappresentato senz’altro una situazione imprevedibile e tale da alterare l’equilibrio contrattuale. In particolare il conduttore può recedere per gravi motivi ai sensi dell’art. 27 ultimo comma della L. 392/78 oppure può proporre una domanda di risoluzione per impossibilità sopravvenuta ai sensi degli artt. 1256 c.c. e 1463 c.c. o di eccessiva onerosità sopravvenuta ai sensi dell’art. 1467 c.c.
Tuttavia lo scioglimento dei rapporti non è sicuramente la soluzione alla quale ambiscono entrambe le parti i quali generalmente hanno interesse a mantenere il contratto “rinegoziandolo”.
Ovviamente la revisione contrattuale è più facilmente ottenuta con un accordo tra le parti.
In caso di mancato accordo le parti stesse (in particolare nei contratti di durata) quando insorgono eventi successivi alla stipulazione del contratto che incidono in maniera significativa sull’equilibrio iniziale delle obbligazioni, hanno l’obbligo di cooperare per la rinegoziazione del contratto. Il detto dovere si base sul principio di buona fede che prevede l’equilibrio e la congruità delle prestazioni contrattuali ai sensi dell’art. 1375 c.c..
Pertanto nell’ipotesi in cui il conduttore richieda al locatore di rinegoziare il contratto di locazione, chiedendo per esempio una riduzione del canone proporzionata al mancato godimento dello stesso per tutto il periodo di chiusura dell’attività e/o al calo di fatturato per il periodo anche successivo alla chiusura, il locatore ha il dovere di prendere in considerazione la richiesta e di conseguenza iniziare una trattativa e condurla in buona fede fino all’eventuale accordo.
Lo stesso vale per il conduttore il quale non può avanzare pretese illogiche ed ingiustificate. La sua richiesta di riduzione del canone di locazione deve tenere conto dell’entità del pregiudizio effettivamente subìto, nel singolo caso concreto.
Anche in un’ottica di riduzione dei contenziosi, la legge 25 giugno 2020 n. 70 ha introdotto una nuova ipotesi di mediazione “obbligatoria” per il contenzioso relativo a obbligazioni contrattuali inadempiute in conseguenza della pandemia.
In particolare il comma 1-quater dell’articolo 3 del Decreto-Legge 30 aprile 2020, n. 28, inserito in sede di conversione dalla Legge 25 giugno 2020, n. 70, ha aggiunto all’articolo 3 del Decreto-Legge 23 febbraio 2020, n. 6, convertito con modificazioni dalla Legge 5 marzo 2020, n. 13, i comma 3-ter secondo cui: “Nelle controversie in materia di obbligazioni contrattuali, nelle quali il rispetto delle misure di contenimento di cui al presente decreto, o comunque disposte durante l’emergenza epidemiologica da COVID-19 sulla base di disposizioni successive, può essere valutato ai sensi del comma 6-bis, il preventivo esperimento del procedimento di mediazione ai sensi del comma 1-bis dell’articolo 5 del decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28, costituisce condizione di procedibilità della domanda”.
La disposizione, facendo espresso rinvio al D.lgs. 28/10, amplia l’elenco delle materie soggette al tentativo obbligatorio di mediazione, ricomprendendovi anche tutte quelle nuove controversie legate all’emergenza sanitaria (quali per es. contratti di fornitura non rispettati, biglietti aerei, anticipi per viaggi….).
Pertanto è importante il ruolo delle procedure di mediazione che risultano quale condizione di procedibilità della domanda, nell’ambito delle quali spetterà agli avvocati il compito di cercare un equo componimento dei diversi interessi in gioco.
Se vuoi ricevere ULTERIORI INFORMAZIONI o sei interessato ai NOSTRI SERVIZI, contattaci!
Lascia Un Commento